Restauro del piano Belvedere, Villa Reale di Monza
Non un palazzo ma una villa: la differenza può sembrare sottile, ma dà conto del senso più autentico di questa dimora, usata sempre come residenza alternativa. È un edificio enorme, che svela la volontà di una casata reale di imporsi sull’aristocrazia locale. In questa ottica vanno interpretate le scelte formali, architettoniche e decorative che la caratterizzano e con cui dialoga l’odierno restauro. L’edificio è stato consolidato, messo in sicurezza e ricostruito dove necessario, sia nelle parti murarie sia nell’apparato decorativo. Anche il piano sottotetto è stato interessato da opere di riqualificazione e restauro conservativo; chiamato sontuosamente Piano Belvedere nonostante possa apparire come il più dimesso e sfortunato, quello occupato dai domestici e dalla servitù, è in realtà uno spazio di grande impatto. Il nome deriva dalla meravigliosa vista sul parco che si gode dall’alto del corpo centrale dell’edificio, sopra la scalinata e le ampie sale...
Leggi di piùNon un palazzo ma una villa: la differenza può sembrare sottile, ma dà conto del senso più autentico di questa dimora, usata sempre come residenza alternativa. È un edificio enorme, che svela la volontà di una casata reale di imporsi sull’aristocrazia locale. In questa ottica vanno interpretate le scelte formali, architettoniche e decorative che la caratterizzano e con cui dialoga l’odierno restauro. L’edificio è stato consolidato, messo in sicurezza e ricostruito dove necessario, sia nelle parti murarie sia nell’apparato decorativo. Anche il piano sottotetto è stato interessato da opere di riqualificazione e restauro conservativo; chiamato sontuosamente Piano Belvedere nonostante possa apparire come il più dimesso e sfortunato, quello occupato dai domestici e dalla servitù, è in realtà uno spazio di grande impatto. Il nome deriva dalla meravigliosa vista sul parco che si gode dall’alto del corpo centrale dell’edificio, sopra la scalinata e le ampie sale d’ingresso. Le sale, i corridoi, i locali d’angolo e le aree di risulta sono state lasciate il più possibile aperte in un ambiente in cui proprio tutto è a vista: le gigantesche capriate in legno del Piermarini, le strutture lignee residuali rispetto ad antichi allestimenti perduti, i tubi in acciaio degli impianti, i graffiti impressi sui muri ai tempi della Biennale delle Arti decorative, e quelli lasciati dalle famiglie istriane che hanno occupato la Villa Reale durante gli anni dell’abbandono. Completa l’intervento il rifacimento della pavimentazione con doghe in massello di rovere, mentre l’uso del cocciopesto nella sala principale conferisce all’ambiente un carattere diverso, di maggior rilevanza.
Sono spazi ideali per esposizioni artistiche allestite seguendo le tendenze più attuali.
- Architettura e design di cultura umanistica
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